In Giappone le sette hanno acquistato
particolare importanza; le più antiche di queste scuole, che avevano la loro
sede nella capitale di allora Nara, hanno oggi solo pochi seguaci.
Esse rappresentavano diverse correnti:
l’Hinayana il cui scopo che, fatte le debite
eccezioni, può essere realizzato solo dai monaci ed il cui nome è Arhat,
consiste in un’ascesa che si realizza attraverso una serie di gradi attraverso i
quali, dopo aver abolito l’odio, la cupidigia e la vanità, si può raggiungere la
condizione dell’individuo santo, superiore alle cose mondane, che alla morte
entra nel Nirvana.
Il Mahayana in cui l’etica assume una forma
più attiva, più rispondente anche nella vita laica. Lo scopo cui il fedele deve
tendere, non è più quello di diventare un santo, estraneo al mondo, bensì un
futuro Buddha, che sacrificandosi e rinunciando a se stesso porta alla salvezza
innumerevoli esseri viventi. Col compimento delle dieci perfezioni (paramita),
cioè delle virtù cardinali: generosità, disciplina, pazienza, energia,
meditazione, conoscenza, abilità nel trasmettere la verità, decisione, facoltà
miracolose e sapienza, egli ascende, sulla via della perfezione, i dieci gradini
corrispondenti.
A Kamakura, dove dal XII al XIII secolo dinastie nobiliari e guerriere
esercitarono il potere in luogo dell’imperatore (Tenno, Mikado) la scuola di
meditazione venuta dalla Cina trovò numerosi seguaci. Anche se i metodi di
meditazione (Zen) da essa insegnati sono
stati portati, come pare, dall’India in Asia Orientale, hanno acquistato qui
forme autonome corrispondenti al pensiero ed alla mentalità affatto diversi
dall’Estremo Oriente.
Attraverso il severo esercizio può essere attinta la grande esperienza (satori)
non esprimibile a parole, del vuoto superiore ad ogni contrasto, che libera da
ogni dolore del mondo perituro e mutevole. Si verifica così una totale
trasformazione della personalità determinata dall’Io, così che essa raggiunga il
dominio su se stessa e la perfetta armonia con il fondamento universale.
Lo Zen veniva praticato specialmente dai
cavalieri giapponesi; esso esercitò anche una grande influenza sull’arte.
Inoltre sorsero a Kyoto varie sette Amitabha (giapponese: Amida), che speravano
dall’aiuto di questo Buddha la rinascita nel suo "paese puro".
La più importante è la "Shin-shu", la "vera
scuola", fondata nel XII secolo da Shinran Shonin. Quest’uomo di nobili natali
era persuaso, come Lutero, che le buone opere, l’ascesi, ecc., non portano alla
salvezza, la quale dipende piuttosto dalla fede nella misericordia salvatrice di
Amida. Perciò egli si sposò e concesse il matrimonio anche ai sacerdoti della
sua setta.
Bisogna ricordare infine la scuola di Nichiren
Daishonin, che trae il nome da colui che la fondò nel 1253. Nichiren
era un monaco trentenne studioso delle religioni che visitò i principali templi
per studiarne a fondo le varie dottrine. Dopo quindici anni di ricerca, arrivò a
stabilire un nuovo tipo di pratica, naturalmente basata sugli insegnamenti del
Buddha Siddharta. In particolare Nichiren ritenne di fondamentale importanza uno
degli ultimi insegnamenti predicati da Siddharta: il sutra del loto,a cui
si rivolge un vero e proprio culto, che solo il pronunciare il titolo di
quest’opera è considerato come salutifero ed è ancora oggi considerato fra i
testi più importanti influenti dell’intera corrente Mahayana.
Nel sutra del loto il Buddha rivela l’esistenza di una forza vitale universale
che genera, permea e regola tutti i fenomeni della vita. Ogni essere umano –
egli dice – indipendentemente da razza, sesso, cultura o epoca, possiede in sé
questa condizione vitale illuminata (definita Buddhità), così come in ognuno
sono presenti altri stati vitali che si manifestano nelle varie forme dell’umana
natura (collera, avidità, gioia, sofferenza e così via). La Buddhità rappresenta
il potenziale per lo sviluppo di un'illimitata energia positiva che, attingendo
dall’inesauribile fonte della vita universale di cui l’uomo è parte integrante,
tende verso uno stato di felicità permettendo il superamento delle umane
sofferenze e la naturale compassione per gli altri. Nichiren affermò che
l’essenza di questa dottrina è contenuta in una frase specifica (mantra)
la cui recitazione risveglia progressivamente la natura illuminata interiore,
così come, ad esempio, una frase può risvegliare la collera. Questo mantra
secondo Nichiren è la chiave che apre la porta alla illimitata potenzialità
celata nelle profondità dell’essere: una chiave accessibile a tutti ed
universalmente valida. Il carattere rivoluzionario di tali affermazioni provocò
la burrascosa reazione delle autorità religiose e governative dell’epoca, che
cercarono di contrastare la propagazione di questo insegnamento. Oggi, ad oltre
settecento anni di distanza, il Buddhismo di Nichiren Daishonin viene praticato
da milioni di membri della Sgi (Soka Gakkai Internazionale) un’organizzazione
laica fondata nel 1975. Agli insegnamenti di Nichiren Daishonin si rifanno anche
altri gruppi religiosi, che talvolta danno interpretazioni anche molto diverse
fra loro. Obiettivo della Sgi è quello di contribuire alla creazione di una
società pacifica basata sul massimo rispetto per la vita, sul dialogo, la
tolleranza, lo sviluppo della cultura e dell’educazione. Tutto questo attraverso
la diffusione - anche culturale - del Buddhismo di Nichiren Daishonin. La
pratica quotidiana consiste nella recitazione del mantra suddetto e di due brani
del "Sutra del Loto"; nello studio della filosofia buddhista e nella concreta
applicazione dei suoi principi altruistici nella vita di ogni giorno.
Caratteristica fondamentale di questa pratica è infatti quella di poter essere
utilizzata e verificata nella realtà quotidiana in cui si vive, mantenendo
intatta la propria identità sociale, geografica e culturale.
Tutte le sette caratterizzanti il buddhismo giapponese, si sono scisse in
numerose sette minori. Questo processo è stato favorito dall’occupazione
americana nel 1945: ora si contano ben 13 sette principali e 262 sette minori.
Il Giappone è attualmente il paese in cui il Mahayana ha raggiunto la sua più
alta fioritura ed in cui anche lo studio della storia e della filosofia
buddhiste viene condotto da numerosi esperti secondo metodi scientifici moderni.
I giapponesi emigrati nelle Haway vi portarono il buddhismo che, dai loro
discendenti, adattato alla lingua inglese ed alle forme di culto protestanti
(musica d’organo, canto corale), è praticato in modo modernizzato. Questo
aspetto semplificato e riformato del buddhismo è chiamato "Navayana" (il "Nuovo
Veicolo"). Esso ha acquistato un certo seguito anche fra gli Americani.